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      Lei si ribellò, non volle essere burlata.
      - Sei rovinato, - diss'ella, - e pensi a mettere i confini fra te ed i tuoi creditori. Ecco tutto.
      - Sbagli. Sicuro! per causa tua, sono rovinato. Ma non mi darò il disturbo inutile di viaggiare. Io mi uccido, mia cara!
      - Avrai tempo a riflettere che commetteresti una pazzia. Te lo impediranno tutti quelli a cui confiderai il tuo progetto.
      Tacquero un'altra volta, ed un'altra volta Mario sorrise, come affatto insensibile alle mortali derisioni della cognata. Nondimeno un intimo senso di angoscia si tradí nella sua espressione. Cercava le parole.
      - Vedi! - diss'egli alla fine; - io non volevo tenerti questo linguaggio; mi ci hai tirato tu pei capelli. Per quanto io possa saperti perfida, ti amo sempre. E ti volevo usare la delicatezza di lasciar credere a te stessa, che non entravi affatto nelle cause della mia morte. Adesso, basta che lo credano gli oziosi. Può darsi che i rimorsi siano in realtà uno degli affanni dell'esistenza, ed io non domando contro di te altra vendetta, che lasciartene uno.
      - Hai finito ancora? - domandò la giovine donna, alzandosi fremente ed agli estremi della pazienza.
      - No! non ho ancora finito.
      - In questo caso, penso io ad impedirti di continuare! Non ne posso piú, capisci? Pagherai salata la scena teatrale che hai avuto il capriccio di farmi. Sei un miserabile!
      Era livida, convulsa. Perdeva la testa in un parossismo di furore, che la spingeva a slanciarsi sul cognato ed a strozzarlo colle sue proprie mani, se le fosse stato possibile.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





Mario