Ma già ella non lo vedeva piú. Il cadavere di Mario assorbiva di nuovo il suo spirito. Ed una rabbia forsennata saliva in lei. Prevedeva tutto il danno che le avrebbe recato quel suicidio; comprendeva i motivi di vendetta che avevano indotto Mario a commetterlo là, dinnanzi a lei, come risposta alle sue ingiurie, troncando cosí un abboccamento senza testimoni. L'assaliva un desiderio selvaggio di gettarsi come una tigre sul corpo esanime che sorrideva nella calma suprema della morte, per sputargli in faccia, per strappargli il cuore. Allora, non seppe piú frenarsi. La videro stravolta, nella crisi della sua ira infernale; la udirono balbettare tre volte la stessa parola:
- Infame! infame! infame!...
XXII.
I cercatori ed i gonfiatori di scandali ebbero di che sbizzarrirsi oltre ogni desiderio. Per giunta al resto, si seppe che Irene aveva abbandonato il marito. Si raccontavano i particolari di una scena inaudita accaduta il giorno stesso dei funerali di Mario, un assalirsi furibondo fra marito e moglie dinnanzi alla gente, senza un'ombra di rispetto umano, palleggiandosi ingiurie mortali ed accuse incredibili. Bisognava ritenere che Irene avesse perduto la testa, perché l'accusava d'essere stata proprio lei la provocatrice. In un accesso d'ira, essa aveva trattato Pippo, Mario ed i Furlin come un branco di miserabili. Allora Pippo si era rivoltato, rinfacciandole storie spaventose, che facevano di lei un mostro in gonnella. No, non si era mai visto né sentito nulla di simile.
Irene annegava in un ambiente ostile.
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