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      Appunto in quella occasione si affermò nettamente la mania di persecuzione che aveva germogliato sorda ed indefinita nel suo cervello sconvolto. Per qualche tempo divertí il pubblico vaneggiando intorno a Paolo ed a Teta, piú ancora che lo avesse divertito vaneggiando intorno ad Irene. Quelli erano due furbi! Tiravano a farlo passare per un imbecille, incapace di negoziare una libbra di chiodi, per farlo interdire, e per spogliarlo, evidentemente! Bravi, per Dio! Ma non si figuravano chi era lui! Egli stava sull'avviso, indovinava a volo i loro pensieri. Non lo avrebbero turlupinato quand'anche si fossero fatti aiutare da una legione di diavoli!
      La sua ribellione durò un mese e mezzo, ingrossando, infuriandosi. Ad un tratto cessò, quando il cavaliere Furlin prese il partito d'imporgli di prepotenza la vendita, trattandolo come si tratterebbe un bambino riottoso. Voleva fare a modo suo? Padrone! Ma restava inteso, che lo avrebbero lasciato morire sulla paglia, senza dargli un bicchier d'acqua. Non capiva, imbecille! che le sue condizioni di salute gli imponevano di rinunciare momentaneamente agli affari e che l'ostinarvisi lo avrebbe rovinato? Insomma, egli era libero, a condizione che non si facesse piú rivedere, neppur da lontano.
      Egli piegò, obbedí, preso dal terrore dell'abbandono assoluto, piangendo proprio come un bambino. Era ben disgraziato! non c'era al mondo un altro che meritasse pietà al pari di lui! Ed invocò spasimando l'aiuto dei Furlin, dei due soli esseri nei quali potesse ancora confidare.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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