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      Oltre i tetti di via Due Macelli, la città si offriva agli occhi della giovine donna, stendendosi a ventaglio, troncato dalle alture di Monte Mario. Dal Quirinale a San Pietro, un grigio mare di vapori ondeggiava sulla metropoli. Nei limiti estremi dell'orizzonte, dietro il Vaticano, l'azzurro del cielo cangiava da una intonazione di vermiglio ad un colore di porpora scintillante, indicando il lembo abbandonato dal sole.
      Pensieri tetri tenevano assorta la giovine donna. I mille strepiti di cui la città intera fremeva negli abissi inesplorabili delle strade e delle piazze, dovevano salire fino a lei con espressioni strane, che la gettavano in un accasciamento desolato. Un'ironia incosciente era nel suo sguardo fiso, nelle sue labbra agitate da un lieve fremito. Ella non udí affatto che, nella stanza, un passo si avvicinava.
      - Che fai dunque? sogni forse ad occhi aperti? - domandò infine una voce maravigliata. Ella si volse di repente; soffocò quasi un grido.
      - Sei tu? - balbettò.
      - Pare. Mi dispiace che tu ti guasti il sangue, almanaccando cosí. Per fortuna stasera ho il mezzo di distrarti: ti porto una notizia che desideravi.
      Il sopraggiunto si assise, senza aspettare l'invito della giovine donna. Era Desiderio Pennucci, un uomo sui quarantacinque anni, una forte figura dagli occhi grigi accesi, dal viso bruno, dalla taglia robusta, un po' pingue, dai modi bruschi. Una passione intensa ardeva nello sguardo col quale egli accarezzava la persona abbrunata, il viso bianco e mesto d'Irene.


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L'eredità Ferramonti
di Gaetano Carlo Chelli
pagine 243

   





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