Per concludere dirò. Poco piú su è Germania, un poco più abbasso il bel centro d'Italia. Dal mare di Levante vengon soffi tepidi e potenti e dànno a questa stirpe quello che ad un quadro ci dà un raggio di sole, allorché batte sopra il suo lume piú vago: lo indora. Cosicché questi elementi combinati di nature alpine e di mollezza orientale si mostrano anche in pratica; pare che i Veneti non facciano niente, e invece si possono rassomigliare, mi ha detto un uomo di spirito, a quei ragazzi svogliati e fannulloni tutto l'anno, i quali poi all'ultimo strappano il premio.
Queste differenze spariranno esse coll'unirsi di tutti gli Italiani, o circostanze topiche le manterranno? In ogni caso è bello ed importante il rammentarle; siccome poi quel giorno molti dei nostri giovani si trovavano uniti insieme, con altri d'altre parti d'Italia, sarebbe stato veramente il caso di stabilire confronti, sul vivo, ch'io chiamerei di etnografia comparata.
L'orto non aveva niente di particolare, all'infuori d'un magnifico filare di salici piangenti, che si specchiavano in una bella acquetta, da cui eran dolcemente lambiti: fermo ad un approdo si vedeva un navicello destinato a ricreare, piú che a trasportare lontano, i passeggieri. Del resto fiori, sedili, serre, gruppi d'alberi. Chiederete senza dubbio – e il paese? – Non occorre rispondere ch'è nel Veneto, e credo inutile dirvene il nome. Vi chiarirò piuttosto ch'era la primavera del quarantotto.
– Oh ! sapete cosa v’ho a dire? – scappò fuori un giovinotto brioso, dai capelli fulvi, inanellati, gote color di rosa, occhio celeste, gioioso e tenero insieme: portava l'uniforme di volontario: soprabitino di tela di Russia, calzoni simili, mostre rosse, in testa il bonetto: un bel squadroncino gli pendeva dal fianco, e col suo tic tic pareva crescere il significato guerriero delle parole focose, dei gesti risoluti di quel giovane.
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