A cui Rocco:
– Perché?... oh! bella... perché son fatti apposta per condurre quell'esercito di tartarughe, il quale naviga a piene vele nel mare Adriatico, e vola in nostro soccorso... – Qui tutti risero, ma il burlone continuò: – l'ha proprio scôrte il Folletto... si credeva che fossero i Napoletani, ma il giornalismo che ha la vista lunga, le scoperse per tartarughe.
– La ci vuol lunga davvero per vedere da Milano all'Adriatico, – esclamò con tuono rozzo Rensini; – bisognerebbe farlo acclamar lui capo invece dei nostri, che non vedono piú lontano dal naso...
Ma allora Salvatore:
– Sarebbe da disperarsi, se non avessimo fede in Carl'Alberto, nel nostro re!...
Salvatore fu di nuovo interrotto, ma da un altro, il quale merita la nostra attenzione.
Era un uomo dai trentacinque ai quarant'anni. Olivastro di colore, gli occhi affossati, il labbro ascendente agli angoli, stretto e livido; del resto niente di particolare, se togli un certo naso antipatico non ischiacciato o depresso, ma tronco, e del quale non si darebbe l'idea se non richiamando il pensiero ad una maschera di marmo, a cui qualcheduno avesse, con un colpo dispettoso, fatto saltar via la punta. Vestiva malissimo: uomo cinico, sprezzatore d'ogni riguardo, si chiamava Daniele Rizio: e per ora basti di lui, già troppo avremo ad occuparcene.
– Con qual nostro re m'esci fuori, baggiano! – esclamò dunque, girando un par d'occhi freddi e grifagni. – Tientelo il tuo re, che noi di teste coronate non sappiamo che farcene.
– Oh! per questo poi, – esclamarono alcune voci, e in mezzo ad esse qualcheduna femminile, – ha ragione Salvatore.
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