.. oh! non son conosciuti per feudatari in assisa? lascia fare ad essi coi loro ambasciatori, governatori, veglie e feste di dove il popolo sia escluso. No!... – continuò infiammandosi a freddo, maniera sua, – no... non è per codesto bel risultato che una nazione sparge il suo sangue... lo sparge per rinnovare il patto sociale, e iniziare una nuova êra, nella quale si distribuisca meglio ogni avere, nella quale si riconosca il diritto al lavoro, e sia tolto quell'abbominio che l'uomo guadagni sull'uomo. – Qui l'uditorio accennava, d'interrompere Daniele: egli, di mente acuta, comprese e mise innanzi le mani, ripigliando: – Capisco, adesso bisogna tacere, starsene quatti fino a che non sia tutto finito; se no queste poche carogne aristocratiche eccole in iscompiglio a belare, a strillare, – che si vuol far tabula rasa, e portar via il suo a tutti, e manomettere la famiglia, il trono, l'altare, e piantar il socialismo, il comunismo... e che so io... quel che basta a spaventare l'imbecillissima borghesia, piú aristocratica dei nobili. Per adesso dunque bisogna accettarla questa camarilla di bigotti... ma dopo la vedremo!
– Manco male, – saltò su allora Salvatore, che col suo buon senso vedeva l'inconveniente di quegli sfoghi, – manco male che non glielo dite... mi parrebbe opportuno di non darsi tanto a capire... se no?... volete che si battano proprio di gusto, eh?... si battano per gente che gli canta all'orecchio in tutti i toni – ohe, caro re, principe, generalissimo, eccettera.
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Daniele Capisco Salvatore
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