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      – Meno male, – disse Rocco, – quando ci dipinge Tommaseo in atto di offrire i zuccherini ai prigionieri.
      – Che ostentazioni! – fece Romeo.
      – Ma che onorano, – rispose Salvatore con severità.
      – Pietas omnia valet, – susurrò un pretino, che in quei momenti non istimò opportuno spiegare il bel versetto della Sapienza, "la pietà giova sempre"...
      Allora Alessandro:
      – Mi piace meglio così che i vili, i quali si vantano di portare al collo gli orecchi tagliati a' Tedeschi; – un grido di orrore lo interruppe, egli proseguì in aria di trionfo: – intanto anche la Sicilia si dà a un figlio di re.
      – È la moda ora, – rispose Daniele; – gli uomini son tutte pecore matte: si vanno appresso l'un dell'altro, ma so che i veri Siciliani vogliono regno a parte; e poi – concluse, come un animale che aspetta l'ultimo morso per ischizzare il suo veleno, – e poi, vedete questo vostro idolo ce l'ha già fatta una volta.
      Qui nuovo frastuono, ma voci autorevoli, gridando: – lasciate là, non si sveglino cani che dormono, – lo fecero ben presto finire: tanto più che sul meglio in cui si sgolavano a dir tutti la sua, Salvatore intonò un robusto:
      «Carl'Alberto, papà caro
      È tornato carbonaro»
      a cui tutti fecero eco, seguitando a recitare qualche altra strofa della graziosa poesia di cui, benché popolarissima, s'ignorava l'autore.
      – Sapete cos'è piuttosto, – ricominciò Salvatore, – bisogna tappare i fori... bisogna accorrere in massa agli sbocchi delle Alpi; è di là ch'escono come da tante formicaje... si crede d'aver che fare con dieci, con cento.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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