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– Che cento! – esclamò Emilio Rensini, – son quattro frustati ladri, raggranellati non si sa come, ma probabilmente pel saccheggio: han cannoni di legno e non sanno nemmanco tirare... per quel po' di canagliume troveranno ottantamila Friulani, gente forte, cocciuta... e che non ischerza.
– Udine per altro, – interruppe Romeo, ma poi si contenne, memore di un bruttissimo tiro fatto da gente passionata, a chi iva annunziando la resa di quella Bitta (').
– E siamo sempre lí, – gridò Salvatore, – venga avanti il re!... lasci là quelle benedette fortezze, le lasci far la nanna... lasci la linea dell'Adige... dite un po', Napoleone se ne dava pensiero forse delle fortezze?... no, egli tirava dritto... cosí farei io... vincere in giornate campali... e avanti... avanti! – irruppe con furore giovanile.
– Grazie!... – non poté trattenersi di profferire uno piú vecchio, – mi piace... avanti, e lasciarsi dietro alle spalle quell'armata.
– Oh! un confettino di nulla, – fece Rocco in tono di celia; allora Romeo:
– Se credete a me, il re è fermo alla Scala, perché di là li piglia tutti come tanti passerotti.
– E poi forse non li abbiamo quattrocento mila soldati? – disse Rensini...
– E centomila corpi franchi, – aggiunse Alessandro Rizio.
– Andate là, – interruppe con aria di superiorità l'ufficiale romano, – quelli sí che li potete contare per molto.
– E io vi dico, – saltò fuori allora Daniele, – vi dico che nelle guerre d'indipendenza sono i soli che contino, la nostra è la guerra della democrazia: insurrezione in massa, guerriglie, e tutti combattano, donne, bimbi.
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