.. una Venezia!... si son prese città e fortezze in carrozza... cosa pretendete di piú?...
– Dicevo, – riprese con piú coraggio Romeo, – che a quest'ora di Tedeschi non ce ne dovrebbero esser altri.
– E non ce ne sarebbero, – esclamò Salvatore, – se alla testa delle nostre faccende non ci avessimo tanti vecchi slombati, senza sangue, tutta gente piena di fisime, incaponita a studiar strategia, quando si ha solo da menar le mani... pur troppo... eh! con capi giovani ti dò l'Italia tutta netta.
– In due mesi! – interruppe Romeo, credendo di indovinarla con uno sproposito, secondo lui.
L'oroscopo invece fu accolto con fischi ed urlate, ma si risolvettero in risa.
– Non la intendi, baggiano, ch'è questione di giorni? – disse Rocco.
A cui Alessandro tutto acceso di gioia:
– Ah!... non mi par vero!... temo di morire quel giorno in cui si dirà: non ce n'è piú uno! dall'Alpi al Faro... e poi un pajo di cannoni alla Pontebba... e ognuno stia sul suo!
Ma l'ufficiale romano:
– Alla Pontebba?... che mi canzoni?... troppo buono, troppo buono: eh! s'andrà piú oltre.
– Dove?
– A Vienna, caro, a Vienna; – urlò Salvatore, – d'accordo, d'accordissimo!... eh! si vuol rendergli la visita a costoro!
– Per questo è una bella città, – disse Romeo, – e ci andrei volentieri, ma da padrone.
– Sí, e cacciarli di là dal confine, dove giungeva l'impero romano... è tutto territorio nostro.
– Mi contenterei dell'Isonzo, – mormorò Alessandro, e voleva soggiungere alcun che, ma in quella vide venire dalla porta di casa due persone, verso cui volta l'attenzion sua, tacque e andò ad incontrarle.
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