Ogni donna, in ogni condizione, può avere una certa sua poesia propria: è il profumo del ciclame, è il vapore dorato che in date ore involge un paesaggio; una parola detta, un'altra taciuta; un movimento, un riposo, una grazia d'istinto; soprattutto l'ignorare di possederla.
La Teresa invece poteva considerarsi veramente una bella donna, una persona magnifica. Alta, ben proporzionata, d'un bel pallore bianco, in mezzo al quale brillava un vivo sangue. Capelli neri a onde ribelli, e portati molto bassi sulla fronte. Due sopracciglie forti e nere; striscie fatte con una pennellata ardita e sotto alle quali lampeggiava un occhio pure nerissimo, un vero fuoco d'artifizio, che scoppiettava a seconda che le labbra tumide, del piú bell'incarnato, lasciavano scappare parole in armonia con l'anima da cui partivano. Ma pur in mezzo a quella magnificenza di forme, a quella disinvoltura un po' maschia e guerriera, chi fosse per poco iniziato al doloroso mistero della sua vita, avrebbe scôrto in quel fare assoluto, un'esitazione, piuttosto che una sicurtà; avrebbe scôrto il sentimento della propria debolezza, e lo sforzo di nasconderla: avrebbe intravista l'ombra d'idee torbide in quell'occhio, oh! quanto piú bello, se limpido come l'occhio di Fiorenza; come assai piú cara sarebbe stata la sua guancia naturalmente d'un languor soave, e il sorriso della sua bocca piú dolce, se le acri passioni non vi imprimessero certi segni di appassimento, visibilissimi, fra tanto brio, tanto calore febbrile.
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Teresa Fiorenza
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