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      Devo avvertirvi, che allo scoppiare segreto delle conjugali ostilità, il marito s'era ritirato in un casino pochissimo distante da una delle porte della città; la Teresa invece era andata da una sua vicina, intima amica, sotto il pretesto di ajutarla in non so che bisogne; i figliuoli stavano soli, custoditi dalla loro nutrice, rimasta sempre in casa; tre famiglie insomma. Siccome però la gita di lui in campagna avea assunto l'aspetto di un tacito accordo di separazione, per la povera donna ben intesi, la quale non ci vedeva una misura economica, un andar là per tor su bel bello ogni oggetto, e trasportarlo al sicuro in città... siccome però, io ripeto, la povera illusa voleva interpretar tutto a modo suo, nessuno può dire, ogni volta che lo vedeva a tornare, foss'anco per minuti, come strabiliasse e mangiasse veleno. Sciolta (almeno si credeva), sciolta da un giogo tirannico, una parola, un cenno le pesava quanto la più odiosa, assoluta cattiveria.
      – Guardalo qua! – guarda Lorenzo! – e tutti si volsero. Di fatto, tenendo a mano due bimbi, uno per parte, entrava il conte Lorenzo; appena nobile, ma, per antica abitudine, gli davano del conte.
      – Perché condurre i puttelli? – domandò brusca la Teresa, tanto per cominciar subito a rampognare il poco accetto consorte.
      – Perché mi pareva che tu mi avessi detto...
      – Che detto!... e che non detto!... e vestirli cosí?... La balia non dovea metterli da crociati?... dov'è la sciabola? – Qui strappò i figli di mano al marito, che s'andò a seder quatto quatto vicino ad un tranquillo lettore di fogli; un professore, scienziato che rimaneva di ghiaccio in mezzo a quell'atmosfera di fuoco senza che nessuno si sognasse di fargliene rimprovero.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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