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      Con lui solo il conte Lorenzo Vendrame, il marito cioè della Teresa, concambiava qualche parola, guardandosi ben attorno: parola che non avea niente di particolare e che per solito si riassumeva in ciò: – quel Metternich!... quel Metternich! ... i rivoluzionari possono alzargli una statua, eh! se dava le concessioni a tempo... come suggeriva Fiquelmont... quel Metternich!... – e lo malediceva... perché – aveva rovinato tutto – al che il professore Alberto, lo scienziato, partendosi anch'egli dal suo punto di vista, rispondeva – che sarebbe stato lo stesso... che di tanto in tanto le rivoluzioni devono accadere, come gli uragani; sono squilibri di calorico... a cui si aggiunge in questo secolo lo spostamento sociale, il mezzo sapere, comune a tutti... che quando mai... in luogo delle concessioni, per reprimere quella caldaia in ebollizione ci sarebbero voluti dei buoni soldati a tempo, allorché Radetzky li domandava, ottenendo per tutta risposta da Vienna – esser sogni i suoi, e che per le parate, che il feldmaresciallo ambiva, le truppe stanziate in Lombardia bastavano. – A quel rimedio, esposto dal professor Alberto con calma filosofica, e come una teoria scientifica, il conte niente per solito rispondeva, ma reprimendo un sospirone, mandava a quel paese istessamente Metternich, non per le negate concessioni, ma per le negate truppe.
      Sedutosi dunque vicino a questo suo amico, prese in mano Il 22 Marzo e cominciò a leggerlo.
      – Non ha riguardo di nessuno, – mormorò con dolore Fiorenza, visto quel brutto tiro della Teresa al marito.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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