A cui i moderati della compagnia fecero eco.
– Sí, la costituzione venuta per la posta da Vienna, – gridò Salvatore.
– Come quando volevano farci l'uniforme sul modello del figurino viennese, – interruppe una guardia civica pavoneggiandosi, guardando sul braccio un magnifico gallone d'oro, insegna di caporale.
– La costituzione! – cominciò Daniele con quel suo piglio da orso, come lo qualificava Fiorenza, – bestie sciocche! non la intendete? o il sovrano è furbo e vi volta e gira la baracca come vuol lui; o non lo è, perché pagare un'ombra a milioni?... Sí la transizione, dite voi altri: lo scalino per la repubblica: poveri pedanti... dottrinari: gli è tutto tempo perso il vostro. Bella libertà, – concluse bestemmiando fra i denti, – con gli eserciti stanziali sullo stomaco.
– Perdona, – disse allora Alessandro, – senza eserciti stanziali non so come si possa far la guerra, ed è stata una vera castroneria quella d'aver liberati, per seguire le vostre teorie, e mandati a casa i reggimenti italiani... – qui un bisbiglio per interromperlo, – no... no... lasciatemi parlare, son sentimentalismi ridicoli, sia stato Manin, Tommaseo, sia stato magari il Papa, fu il Governo, insomma; buon per noi che quell'armata, che c'è in Lombardia qualcosa fece... perdia! son venuti avanti volando, quei Piemontesi... son passati l'Adda, l'Oglio sui parapetti dei ponti, come tanti gatti... hanno già scritte di belle pagine col sangue, mi pare: e se tutta Italia li vuole, significa che in loro e in Carl'Alberto sa di avere la sua spada.
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