– Oh! sí finitela una volta!... – proruppe Salvatore, – finitela colle vostre fusioni, colle vostre eterne repubbliche. Deciderà la costituente a Roma, l'han detto Manin e Tommaseo. C'è una cosa che va al disopra di tutto... ed è il dovere... il proprio dovere.
E ognuno tacque, ma un dolore acuto trapassò l'anima di Teresa.
– Sí, il dovere, – continuò Salvatore, senza immaginarsi con qual segreto dardo feriva la futura cognata. – Pensate, – riprese – pensate che domani si parte, domani i crociati s'avviano alla spedizione famosa... saremo pochi?... cosa importa! fate conto che si potrà paragonarci ai trecento di Gedeone... e lascia fare a noi... botte da orbi. – In cosí dire, colto da un estro guerriero, da un fuoco giovanile, che in lui soperchiava, si mise a maneggiare lo squadrone, a rotarlo in aria come se trinciasse a fette uomini e teste: se non che un grido di Fiorenza lo fermò d'improvviso.
– Cos'è?... – si domanda.
– Ah! la povera Marietta... – e tutti le furono attorno.
– No... no... – mormorava intanto la buona donna sommessa, reprimendo la sua angoscia e come vergognosa, – non è niente... quella spada, quel luccicare agli occhi... mi basta un po' d'acqua.
Salvatore si mosse, e s'avviò alla cucina: il che vedendo la Teresa gli tenne dietro.
– T'ho a parlare – diss'ella con ansia repressa, – ti ho a parlare... mi preme... avanti che tu vada via... – Il giovane accennò di sí. – Ma ricòrdati! – ed entrambi entrarono in cucina, per prendervi l'acqua.
CAPITOLO IVIL PRINCIPE EUGENIO
| |
Salvatore Roma Manin Tommaseo Teresa Salvatore Pensate Gedeone Fiorenza Marietta Teresa
|