La signora Celeste e la signora Giuliana stavano anch'elle discutendo su cose relative alla guerra d'indipendenza italiana, ma viste da un punto differente. Discutevano sul dove mettere a dormire due bei romani.
– Vicino al vecchio Giosuè, no... perché – (a bassa voce) – perché n'ha paura... si ha un bel dirgli noi, che son qua per difenderci... due mostacci di quella fatta... e quelle guardature da diavoli...
– E vicino alla Costanza?... quella non ne ha paura.
– Temo troppo poca... Vicino a noi... se non ci fosse Eusebio.
– Grazie dell'avviso: lo so anch'io; – ma sul piú bello sentono una confusione dall'orto: ci vanno ché lateralmente confinava con quello dei Rizio, apprendono dello sgomento, del mal essere della Marietta.
– Ohi povere mamme!... – esclamò la signora Celeste, affacciandosi con gran serietà – tutto causa quei farabutti! – concluse, alludendo come ben potete immaginarvi, ai Tedeschi.
– Chi è quella signora? – domandò l'ufficiale romano a Rocco.
– È la signora Celeste, moglie del padron Checco, conciapelli: è venuta in quest'eliso, per figurarci come un cardo selvatico... – sussurrò il burlone.
Il romano fuggí per nasconder le risa.
– Almeno la sapesse che qualcheduno di cuore gli terrà d'occhio a questo figliuolo, gli starà vicino nel caso che cada, e rimanga ferito... perché gli è temerario fuor di misura, – esclamò con una compassione tutta impeto e dolcezza, la sposa d'Alessandro.
– Se mi vuol me... – scappò fuori gridando un uomo, che comparve nello stesso orto della signora Giuliana.
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