Non vi descrivo il chiasso: risero tutti, perfin la Marietta; i fiori d'eloquenza d'Eusebio (occorre dirlo) erano i bollettini di Napoleone nelle campagne d'Italia: siete laceri, affamati, ma niente paura, ecc. ecc.
– Ma chi li faceva questi discorsi, Eusebio?...
– Oh!... oh!... per Diana, il principe Eugenio... quello che ci conduceva... e gli siamo iti appresso anche in Russia... dove ci si gelava il fiato; ma tant'è, anche là si ebbero di bei gatti a pelare, con quei mostri di Russi là dove dalla fame ci parve buono un fegato umano... a... – e qui disse un nome che intendeva significare Malojaroslavetz... – corpo d'un cane!... feriti e morti, nessuno si voltava nemmanco indietro ad accompagnarci all'altro mondo coll'occhio... ma noi niente... saldi... eh! – gridò ripreso dalle sue furie di guerra, battendo coi piedi gottosi il tempo di marcia: – pas de pur... curaze!...
Quand'ebbe finito, Salvatore si avanzò e gli disse:
– Tu dunque vuoi venire con me... veramente m'ero spaventato all'idea di trascinarmi dietro un impiccio della tua sorte; ma vedo, che tu ci ha' dell'anima, e posto che la mamma è contenta che qualcheduno mi segua, io ti accetto... e per prima cosa ti battezzo... – qui alzando una mano, e imponendogliela sul capo, esclamò: – ti chiamerai d'ora innanzi: il principe Eugenio. Eh!... mamma, che ti pare?
– Io! – rispose la Marietta – non mi par vero... se il signor Checco permette – soggiunse ella, rispettosa.
– Eh!... in queste circostanze! – gridò l'interpellato, furbo, oltre che patriotta, – è vero, mi resta un uomo solo in bottega.
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