– È venuto qua, – interruppe lentamente il dottor Agostino, – giusto perché là fuori non ci può piú stare.
– Perché?
– Perché i Tedeschi s'avanzano, – rispose il babbo Rizio senza scomporsi.
– Mi pareva impossibile, – mugolò Salvatore, masticando veleno, – ch'ei non ci venisse a raccontare qualcosa in favor dei Tedeschi.
– Maledetto tedescone!... – disse ringhiando Emilio Rensini, e allontanandosi di là.
– Tu farai bene, – continuò il dottor Agostino, guardando freddo alla Teresa – farai bene a tener d'occhio le masserizie affinché sieno trasportate in ordine dal casino in città. Abbi un po' di cuore per la tua famiglia. – Poi lento, lento se n'andò com'era venuto. Ma la sua comparsa aveva mutate le disposizioni allegre di quella brigata; per poco però, potete esserne certi. In qualunque modo noi la lascieremo: lascieremo ognuno andarsene ai propri uffici, tali quali erano nel quarantotto. Soltanto diremo come nel momento di venir via da quella casa, Salvatore fosse avvinghiato pel braccio dalla Teresa, e seguisse fra loro un breve, ma animatissimo dialogo. Ella:
– Fammi una grazia, non dirmi di no.
Egli:
– Sentiamo... –
– Ascolta! – poi esitando, perché sapeva quanto di malgrado egli avrebbe accolta la domanda, – Ernesto è a... – e nominò un paese non molto distante.
– Uh!... non mi dar di quelle incombenze, sai...
– Senti... è l'ultima... si tratta per me di vita e di morte... te ne scongiuro in nome della Clelia, in nome di tua madre... per la vita tua... vuoi vedermi disperata anche tu?
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