Benché il rumore fosse cosa perpetua in quei tempi, mai non vi si era indifferenti; anzi piú l'ansietà cresceva, piú ogni frastuono era accolto dall'anima con nuova sorpresa: contingenza di gioja o di dolore, ma novità, ossia la sola cosa di cui si fosse avidi.
Alessandro dunque si rifà e rialza; ripone il fucile in ispalla con piglio disinvolto, per parere a sé e ad altri piú leggero, e si dirige al punto dove sempre piú cresceva il rumore. Un concerto di voci, qualche parola allegra, ma in tutto un'allegria torbida, il principal carattere della quale dovea essere quello d'una selvaggia vendetta popolare.
Mentre Alessandro svolta per una viuzza accosto, avviandosi verso il sito del rumore, sente un urto cosí violento al petto, che gli è forza dare addietro, urtare alla sua volta nel muro, e venir di rimbalzo gettato lontano con orribile scossa.
In mezzo però alla sorpresa, piena di dolore, non gli era sfuggita l'origine del disordine. Avea scòrto un uomo fuggire come un fulmine, coi capelli ritti, tutto discinto, lacero nelle vesti; non si rendeva ragione d'altro che di quei capelli tutti per aria e di quelle vesti sdruscite... Ma non appena Alessandro cominciava a riaversi dallo stupore e dal colpo, ecco, preceduta da un grande sussurro di pedate, ecco venire da una contradetta, che sboccava in quella dove era entrato Alessandro, una turba di gente, plebe la piú parte, che corre gridando: – È scappato: è là... è qua... presto... è per di là.
– Dove andate?... cos'è?... in nome di Dio.
| |
Alessandro Alessandro Alessandro Dio
|