– Tu hai pur ragione da vendere – disse allora un uomo in tono ruvido: e, sporgendo una mano simile alla voce, si appressava a Fiorenza.
– Non la toccare... bada... – sclamò allora Alessandro pallido di furore, e indietreggiando, ghermì il fucile dalla parte della bajonetta, lo sollevò sopra la testa, gridando furioso: – Chi le torce un capello, io gli spacco il cranio!
Tutti tacquero: poi la gente cominciò a dare indietro, in mezzo ad un mormorío confuso, come i vari sentimenti di quell'ora, sentimenti d'una collera a cui voleva pur mescolarsi il rispetto; quell'onda umana fremendo si trasse, i nostri tre rimasero un po' liberi nelle loro rispettive attitudini, Fiorenza in piedi, tremante ma piena di fiducia, alzò gli occhi, dopo una rapida occhiata d'intesa con Alessandro.
– Mamma!... venga ad aprire!...
– Ma presto, – aggiunse Alessandro.
In un lampo la porta fu aperta.
– Dentro... presto... – intimò Alessandro al fornajo.
– E ti patrona?... – domandò questi con una specie di singhiozzo, e guardando Fiorenza.
– Presto, tanghero, – vociferò Alessandro spingendolo col calcio del fucile: ei già vedeva tornare alla carica i facinorosi, aizzati da qualche ribaldo.
Il fornajo si mosse, dal vedere al non vedere, egli, Fiorenza, Alessandro entrarono in casa: la porta si chiuse a tempo, giacché l'onda si avanzava di nuovo e con furore.
– Chiudi... serra... presto... presto – e tutte le donne di casa e tutti gli sono attorno; rialzano il meschino. Chi gli porta un bicchier di cipro, chi gli offre da mangiare.
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