Intanto quei di fuori pestano, picchiano, tempestano, a furia di calci voglion sfondare la porta... vi lascio pensare che lavorio di piedi, di gomiti... che ardore, che attività per cosí magnanima opera!... Alessandro, abbastanza tranquillo comparve al pergolo.
– E cosí non la volete finire?... – domandò loro – v'ho detto che se è spia lo condurremo in prigione.
– Sí... sí... bravo.
– Ma bisogna sapere se è spia – replicò Alessandro.
– Oh! come si fa a saperlo?... sta a vedere che le spie hanno in saccoccia la patente? – esclamò un iroso – bisogna prenderle al fiuto.
– No! no... che la nota la c'è.
– Bravi la nota... cercate... bravi, – disse Alessandro – si va a vedere – e se c'è costui, subito in gabbia.
Di nuovo l'onda si ritirava; ma tosto lo spirito maligno prevalse, e l'omaccione alzando una voce stentorea, e squassando la zazzera, e una barbaccia che gli nascondeva a metà il petto di gigante:
– Che nota e che non nota! – gridò – ci menano pel naso costoro – se non è spia, è tedesco: non basta per mangiargli il core?
Un brivido corse per le vene ad Alessandro, e forse alla parte di quella turba non sanguinaria per indole. Tal parola esecranda pareva infatti il segnale, il momento che determina il delitto in un fatto di quella natura. Alcuni moderati (ah! purtroppo han sempre poca energia) pur si fecero cuore e dissero fermi – in prigione!
– Sí, in prigione lo condurrò io... io stesso! – irruppe Alessandro.
– Vogliamo vedere.
E Alessandro:
– Adesso no... ch'è mezzo morto... non si può muovere – poi rientrò brontolando: – uf!
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Alessandro Alessandro Alessandro Alessandro Alessandro Alessandro
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