– Libero... – sussurrò il fornajo guardando con occhio mezzo impaurito, mezzo gioioso la promessa sposa.
– Ah!... respiro – disse Fiorenza.
– Ma e per la fede?
– Mi ga tutto; mi star Boemo.
– Ah! dunque non gli è nemmeno tedesco!... – esclamò trionfante la signora Cattina.
– E non lo diceva prima costui? – irruppe la serva.
– E come ti chiami? – domandò Alessandro. Il fornajo disse un nome czeco pieno di K, zc, impossibile a pronunziarsi.
– E il nome di battesimo?
– Franz.
– Questo è piú da cristiani.
– E lei diverrà madama Franz – disse Alessandro sforzandosi a rimaner serio, – manco male: oh! adesso bisogna mandar via quella gente, posto che non vogliono risolversi a lasciarci in pace.
– E credi, – cominciò con tutta riserva Fiorenza, – credi che a salvarlo basti il dargli in moglie la signora Cattina?... è conosciuta?...
Vorrei, cari lettori, potervi descrivere a questa irriverente osservazione qual attitudine prese siora Cattina da Noale. Vi dirò soltanto che, intrecciate le dita dell'una mano nell'altra, stese tutte e due le braccia lungo la persona, alzò la testa e strinse le labbra tutte in un grumo: poi squassando di tanto in tanto i suoi fornimenti, ella incominciò con accento di sorpresa e insieme di sdegno:
– Se sono conosciuta?... mi do di maraviglia ch'ella mi possa venir fuori con una parola di questa sorte! Vuol dire che a Noale la non c'è mai stata, o non ci conosce alcuna persona ammodo: ché sennò saprebbe non trovarsi a Noale un solo che non mi conosca, perché io vado nelle prime famiglie, e le direbbero come per avermi in conversazione, la marchesa d'Altariva mi manda, quando piove, a prendere in carrozza, col servitore in livrea.
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