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      Quanto al suo paese, signora, non ci ho quella gran pratica, è vero, ma cosa vuol scommettere che s'io mi mostro al balcone, o s'io vado in istrada con questo disgraziato qua e dico: – ohe! badate a non gli torcere un capello, è mio marito – vuole scommettere che tutti lo rispettano?
      – Tanto meglio – disse, con un leggero tremito di riso e di commozione, Fiorenza, – perdoni, che davvero io non la conoscevo.
      – Oh! l'ho capita... l'ho capita... e stando qui la non aveva punto dovere di conoscermi. La sua signora madre sa però chi siamo noi.
      – Cospetto! – disse la madre di Fiorenza, – è famiglia ben provvista la sua.
      – Non fo per dire... ma – riprese avviandosi al balcone siora Cattina, – ma la nostra famiglia può contarsi fra le prime di Noale; adesso, per le circostanze, un po' meno, ma anni sono c'era da tenersene: sette libbre di carne al giorno ci andava, e le provviste si doveva portarle a casa colla carriuola. – Qui tacque parendole d'aver tocco l'ultimo punto della eloquenza dimostrativa, e senz'altro si presentò al pubblico, sempre più impaziente.
      – Santo Iddio! – mormorò Fiorenza niente rassicurata da quei discorsi – credi ch'ella riesca?
      – Non so, – disse Alessandro – ho paura che quella gente non si persuaderà mica di lasciare in pace un uomo, se vuol proprio sfogare in lui le sue brutali vendette, solo perché siora Cattina da Noale lo sposa.
      Il tumulto cresceva: e già cominciavano a volare in casa oggetti, in principio innocui, come berrette, cenci, eccetera; ma ora i cenci, perché salissero piú pronti, erano involti in qualche sasso.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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