– Oh!... poveretto... – disse Fiorenza, accennando con gentile riserbo al fornajo.
– La similitudine non lo tocca; – esclamò Guido; – del resto, se non mi tratteneva un'urgente cura sarei venuto subito: spero di aver fatto non ostante a tempo: – quindi spiegò come per un'altra casa era entrato nel cortile e poi salito...
– Ma da quell'altezza...
– Parevi un marinaro, – disse Alessandro; – lo sei forse.
– Chi sa? – rispose il giovine con un certo fare misterioso.
– Basta! ho caro di vederti qua.
– Sono il soccorso di Pisa: ma non importa... ora a che punto siamo?
Alessandro narrò l'atto magnanimo della signora Cattina.
– E dov'è ella? – domandò Guido.
– To'... dov'è ella? – guardano, cercano: era tornata nella stanza sopra la strada: di piú ella perorava dal pergolo: facendosi fuori, tornando indietro, chiudendo le imposte, socchiudendole, piena d'ardore per difendere il suo futuro consorte.
– Possono far di meno di star là... perché insolenze a quel povero gramo non c'è ragione di farne... e poi tedesco non è, è della Boemia..
– È lo stesso!.. – si grida in mezzo ai fischi.
– No... lasciatelo andare... è un buon pastricciano... una marmotta... incapace di far male... – ma non poteva proseguire, interrotta dal frastuono.
Tutto in un momento si spalancò l'imposta, e comparve sul verone Guido, a fianco della Cattina, a cui brevemente impose di ritirarsi, poi affacciandosi alla plebe:
– Cosa fate? – chiese, guardando tutti con occhio impavido, serena la fronte, anzi direi luminosa.
Alla sua domanda grande silenzio.
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