Entrammo in un casolare. – Io vorrei, – esclamai tutto sgomentato, – io vorrei pur tornare dove c'è da battersi.
E Romeo:
– Non temere... mi dò il pensiero di assisterlo.
– Io corro via... ma cosa ti dirò? La scena al mio ritorno era mutata. Un momento solo aveva bastato a cambiare il campo della battaglia in quello della disfatta... Oh! che orrore, mia Clelia; cacciatori Tirolesi; Austriaci per di là, sulle alture, ai fianchi: i cappotti grigi della fanteria spuntano d'ogni parte, mentre piú al basso, dalla Fracanzana, illuminata fra la piova da uno di quei chiarori, che fanno tanto bene in un paesaggio (che momento da osservazioni artistiche!) mentre, dicevo, piú al basso la cavalleria austriaca, co' suoi mantelli bianchi, traversa il ponte, e sopraggiunge anco da quella parte. Luccicano le lancie, trema la terra, grandinano le palle... un zt zt zt... un sussurro d'augelli a stormi o di foglie secche ondeggianti.
In sul piú bello suonò il classico e misterioso – si salvi chi può! – tradotto in un semplicissimo: – tosi, a gambe, – ecco la filosofia della guerra: se invece si gridava: – avanti! – la faccenda andava altrimenti. Intendi ch'è una passione, un magnetismo... per noi udire quel – si salvi chi può! – e gettar via quel che si poteva gettare fu tutt'uno: e trotta se sai trottare.
Qui devo fermarmi nella mia corsa precipitosa per dirti, che in quel parapiglia m'ero discostato dalla casipola e dal povero principe Eugenio, tornato Eusebio: correndo mi avvenne di trovarmici in faccia, proprio nel punto in cui un mostro di soldato mi stava alle peste.
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