La serva di casa, che, per la sua attitudine a profetare, Salvatore aveva denominata la Sibilla, e che ardeva per caldissimo patriottismo, diceva a Lampo:
– Cane!... tu se' tedesco: tu l'hai ancora la bandiera giallo-nera sul dosso e sugli occhi: ma ti perdono, perché veramente sei inglese. – Quindi per torgli la brutta apparenza, quella provvida Sibilla s'era creduta in dovere di far su un bel tabarrino rosso guarnito di bianco e di verde, che il cane con una irriverenza, per fortuna a lui non imputabile, stracciò subito e malmenò per ogni verso. Sicché la cosa finí col limitarsi ad una gorgiera coi colori sacri, e niente più: collana consigliata da Rensini, che l'aveva messa, lui, al suo gatto.
Lampo, a dispetto del pelo giallo nero, possedeva intelligenza sopraffina e famosissimo fiuto. Questo cane, appunto nel giorno in cui accadde la scena della povera Marietta, stava cucciato sulla pietra del pergolo, e pareva dormisse profondamente, intramezzando il sonno con quei piccoli gridi sommessi, che attestano come al bruto conceda Iddio la stessa grazia concessa all'uomo, di sognare.
Da un momento all'altro il cane leva la testa, salta su, guarda, fiuta: nessuno comprendeva ciò che significasse... avevano altro pel capo! avevano la desolazione di una madre, che appena allora apriva gli occhi, rianimata dal cordiale portato dalla Sibilla... Ma che è?... un'altra di più bella. D'improvviso, come se non so qual divino assillo la pungesse, dietro il cane si slancia anch'ella, la Sibilla, e corre via.
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