La Teresa represse un'esclamazione, che sarebbe stata il segnale d'uno scandaloso diverbio: ma sulle sue labbra si vide l'espressione d'uno scherno tutto fiele, e dirò non senza qualche inquietudine; fatta ella accorta come in quella tacita disapprovazione continua, che manteneva lei indocile schiava, e lui freddo padrone, nonostante la sua apparenza di emancipata, e lui d'umilissimo servitore, si aggiungesse ora il sentimento d'una sicurezza nuova, e quasi d'un'oscura minaccia.
– Dunque a stassera... anche tu, Sibilla, – esclamò Alessandro, per meglio interrompere quelle iracondie latenti.
– Anch'io?
– Già... siamo tutti compagni!... libertà, eguaglianza.
– E fraternità, – irruppe Salvatore, abbracciando la Clelia, che non aveva parole...
– Viva Peschiera! viva il Duca di Genova!... viva, perdia!
– Evviva! – gridò la Sibilla.
E associatisi tutti momentaneamente in quelle liete dimostrazioni, parve regnasse armonia perfetta. Le bandiere agitate dal vento, illuminate da uno splendido sole, mandavano nella stanza della povera madre, ritornata alla vita e a' suoi santi affetti, mandavano di tanto in tanto vivissimi riflessi di porpora, che fugaci, ma eguali, si riflettevano sui visi di quella compagnia tanto varia; come il sole all'occaso tinge collo stesso raggio infocato la rupe, la strada, le case e fa parere tutt'uno ciò ch'è separato da profonde voragini.
CAPITOLO XILA CENA
Rimasti soli, Salvatore e la Marietta, ebbero a spiegarsi sopra una delicata faccenda, quella della lettera, che, cercata, non rinvennero: di qui molte supposizioni incerte e una inquietudine certissima.
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