La raggiunse confidente e sereno, pestando lietamente lo squadrone per terra, mentre gli occhi fissavano il cielo stellato e il cuore traboccava di speranza e di vita.
CAPITOLO XIIIIL CIELO S'OSCURA
Devo io, giunti a questo momento, narrare per disteso la storia della guerra d'indipendenza del Veneto, e dire come anco nel paese, abitato dai nostri personaggi le cose prendessero un aspetto lagrimevole e minaccioso? Crederei inutile, perché son vicende note a tutti. Tutti sanno le operazioni dell'armata sarda dinanzi il quadrilatero: sanno, fin da quando il generale d'artiglieria conte Nugent aveva passato l'Isonzo, e, dopo il combattimento di Visco (8 aprile) costretta Udine alla capitolazione. Sanno come i generali Durando e Ferrari, passato il Po a Lagoscuro, marciassero verso il Piave, sanno i fatti di Cornuda l'8 maggio, in sèguito ai quali il Ferrari fu costretto, dopo bella difesa, a ritirarsi a Treviso. Sanno i combattimenti sotto Vicenza (accennati da Salvatore); i fatti di Goito, di Curtarone, di Montanara e la eroica giornata dei Toscani, la difesa di Palma, la prossima caduta di Vicenza. Non si comprende in questi quadri domestici la descrizione della guerra, se non in ciò ch'è relativa alle conseguenze della stessa. Diciamo dunque soltanto che, oscurandosi il cielo, si faceva bujo anche nel paese, scena del nostro racconto.
Sicché, noi una sera fra le altre, – io parlo dei giovani, – li troviamo, raccolti in una specie di androne di casa Rizio: ossia un'anticamera al primo piano, rischiarata da un lumicino, che da una mensoletta mandava, a sprazzi ineguali, debolissima luce.
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