E Rocco:
– La è un po' grossa veramente... ho letto, per altro, d'una cipolla messa in mano d'una mummia, e che rifiorí dopo duemila anni, esposta per caso al sole.
– E io farei come la cipolla... ballate, saltate... – continuò, vôlto a un canto del sotterraneo dove alcuni topacci, disturbati dal lumicino e dalle due voci, saltavano strillando.
– I signorini tengono veglia danzante, a quel che pare.
– Vedo che non conosci i loro costumi.
– Non gli ho punto studiati.
– Saltano pel grande stupore, che provano ai tuoi discorsi.
– Sta.
– Non t'era parso di sentire un alito?
– No! dove?...
– Là, in quel cantone.
– Tu farnetichi.
Stettero un momento in silenzio attenti tutti e due, e dall'attitudine, dall'agrottar delle ciglia, si capiva anco decisi a castigare nel modo piú terribile qualunque osasse spiarli.
– Non è niente... son quei maledetti sorci... – disse finalmente Alessandro.
E Rocco:
– Ai quali soltanto è lecito assistere alle nostre funzioni; ogni altro che non appartenesse alla rispettabile famiglia dei rosicanti...
– E non mostrasse la patente netta...
– Lo manderemmo a cercarla un po' lontano.
– Solo mi spiacerebbe dover sconciare questa cassetta cosí bene assestata e impagliata... a riporre questa armeria ci si perde tempo, sai... son magnifici arnesi... e a me cari... – qui Alessandro di nuovo si pose in ascolto: vi ebbe di nuovo un momento di dubbio: di nuovo una minaccia passò sul viso dei due, che, aggrottando le ciglia, trattenendo il respiro, interrogavano ogni angolo di quel sotterraneo: poi, rassicurati di nuovo, Rocco riprese:
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Rocco Alessandro Rocco Alessandro Rocco
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