– Oh!... per questo han portato via piú roba che han potuto, a segno che la figlia della mia governante si dovette rivestirla da capo a piedi, perché non aveva piú né un paio di calze, né una camicia... e sí che la era ben provvista!
– Poveretta! – esclamò Fiorenza.
– Ah! lo vedi! – irruppe di nuovo Alessandro; parlami di comunismo.
Il dottor Agostino, senza scomporsi, riprese:
– Un turbine momentaneo non dà la misura di ciò che possa essere un sistema in regola. Mi maraviglio che tu m'esca con simili spropositi, e se la tua non è logica da pazzo, non saprei qual nome darle. Guarda un po' cosa accade ora in Francia a proposito di comunismo, e mi saprai contar qualcosa della tua nazionalità... rubare... rubare... rubare...
E Alessandro livido, tremante:
– La Francia non ci ha che fare con noi; a noi basta un tiranno, pur ch'ei sia nostro.
– Tale è il pretesto, ma se per questo motivo è plausibile di rovinarsi, allora la carta d'Europa avrebbe ad andare a capo all'insú.
Alessandro lo interruppe con esclamazioni atte a sostenere il perché delle sue ragioni; all'ultimo, il vecchio conchiuse:
– E poi l'Italia non fu mai unita.
Discorso ripetuto in ogni tono per trent'anni da venticinque milioni di Italiani, rimanendo tutti, dopo d'avere strillato per delle ore uno in faccia all'altro, rimanendo ciascheduno della propria opinione. Parrebbe che, vista l'inutilità, si dovesse astenersi da tali diatribe. Ma tant'è, si facevano.
L'uomo descritto da Otway, l'uomo che innamorato, ai piè d'una donna, grida le cose piú pazze del mondo, mentr'ella estranea al suo ardore, lo guarda non curante e in atto di sprezzo, è la vera imagine del miserabile spettacolo di questo figlio in faccia a questo padre.
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