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      Non potevano intendersi.
      – E sul pericolo, ch'io corro qua?... e di questo cosa dici?... ho da aspettarli, ho da andare in prigione?
      – No, per l'amor del cielo! – esclamò Fiorenza.
      – Quella davvero sarebbe una brutta burla, – soggiunse lo zio prete.
      – Eh! per me uccel di bosco! – mormorò Rensini, in modo che lo udisse soltanto Alessandro. Allora il dottor Agostino:
      – C'è una capitolazione: la città non è presa d'assalto. La gente di senno non ha nulla a temere: e al caso si può sempre raccomandarsi alla clemenza sovrana. – Alessandro dié un urlo.
      – Basta – intimò egli. – Fiorenza! prepara i bauli... andiamo via – e tutto infiammato di sdegno scese precipitosamente giú per le scale.
      – Vengo anch'io – irruppe la Teresa – entrando furente.
      – Ecco quell'altra spiritata – mormorò la cameriera di Fiorenza, accorsa al grido di Alessandro, per vedere se la sua povera padrona, col cuore in lotta, abbisognasse del suo aiuto. Allora il dottor Agostino:
      – Ci vorrà il permesso di vostro marito – a cui la Teresa, come chi riceve un urto disgustoso:
      – Che permesso o non permesso?... e poi in ogni caso me l'ha dato... – Vedendo però dall'attitudine del vecchio padre un solenne dubbio, relativamente a quell'asserzione, ripigliò: – Io gli ho domandato, e gli ho detto: vado via... non m'ha risposto. Chi tace consente.
      – Chi tace non dice niente.
      – Insomma, questa carrozza!... Lucietta, sono andati a cercarla?
      – Ma, eccellenza, – disse la donna che al tornar degli Austriaci, tornava alle abitudini antiche, e riconosceva le gararchie sociali, – carrozze non ce n'è, a pagarle un tesoro.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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