Inoltre di quel tale non aveva piú notizie, e il silenzio la uccideva, senza che osasse aprirsi con nessuno.
– E cosí?... – disse Salvatore, il quale trattava assai famigliarmente colla futura cognata, – e cosí, che decidi?
– Se al conte Lorenzo non dispiace ch'ella parta, – disse l'amico Rensini, con un certo rispetto pieno d'ostentazione e di cautele.
– Ma santo Dio! – irruppe la Teresa, – non si sa mai se dice sí o no... adesso ci andrò io; –concluse virulenta piú del solito, – gl'intimerò di darmi i miei figli; ch'io voglio partire immediatamente, che resti co' suoi Croati quanto gli pare e piace: io no, – e senz'altro uscí dalla stanza.
– Povera donna, – disse Guido venuto allora con Rocco.
– Ho visto il conte e mi è parso di incontrare un inquisitore di Stato, – disse questi. – Dal gran piacere che tornino gli amici, s'è fatto pelare il viso che pare una scimmia.
– La signora crede che il marito le lasci condurre via i figliuoli... aspetta!... – disse la Lucia, che aiutava Fiorenza ad allestire i bauli. – Eh! l'ho sempre detto io che la finiva cosí.
– E s'ha da partir tutti? – chiese quest'ultima, che andava e veniva senza posa, combattuta ed infelicissima.
– D'altra parte, se ella rimane, – disse Alessandro, che faceva la stessa vita della sua sposa, e di tutti, in quel via vai, in quella confusione, – s'ella resta, lascia a lui il perseguitarla!
– Povera donna! – ripeté Guido.
– Ho da lasciarla qua? – domandò Alessandro. – Ei m'è un gran pensiero; – e poi come fra sé: – La è pure stata sacrificata, e tutto per quel sistema, per quello spirito d'oppressione.
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