Fra il dibattersi delle questioni politiche s'arrovellavano le domestiche: e piú che nelle altre in casa Rizio.
Dissi che v'era in famiglia un angelo, lo zio prete: quegli conosceva suo fratello, il dottor Agostino, sapeva quanto gli dolesse veder partire il figlio, quantunque lo aspreggiasse e lo combattesse nei discorsi: capiva tutto coll'intelligenza del cuore.
Egli fece dunque intendere ad Alessandro ed a Fiorenza che uno dei due almeno bisognava che rimanesse.
– Perché... come fareste a portare con voialtri il bambino?
– Oh! per questo si regge da sé, – disse Fiorenza: – ha piú di due anni.
– Ma è sempre un impegno... lasciarlo poi...
Ed ella:
– Dio liberi.
– Dunque? Agostino è in apparenza freddo verso suo figlio, ma io so che trema di vederlo partire. Immàginati se lo piantate tutti! perché anch'io vo alla mia canonica.
– Veramente gli è un gran sacrifizio, – mormorò Fiorenza, – ma persuadere Alessandro che resti, lo crederei male peggiore di ogni altro... parton tutti chi ha cuore.
– Allora rassègnati a lasciarlo andar via... è meglio, lo pensavo anch'io! a questo modo salvi tutto... gli uomini tornano a casa, quando c'è la moglie e la famiglia, che li aspetta. Per questa gran causa si deve molto soffrire ma con dignità. Ricordati le prime donne del cristianesimo, con quale eroica bravura sostennero le traversie e fino il martirio. Quanto ad Alessandro, gli darò tutto quello ch'io posso. Mi spiace non potere di piú, – e le mostrava una sommetta dal buon prete raccolta, spogliandosi di oggetti suoi, non solo superflui, ma necessarii.
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