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Salvatore fe' un gesto violento.
– Misericordia!... il signor padrone la chiama... presto... presto, – vociferò Lucia richiamata dalla commozione alla sua paura di fantesca.
– Bada che non voglio che tu parli a Filippo... quel cavalierino ch'era a Montebello, cosí ben azzimato, ma che non sapeva per dove si spara... ti ricordi? io te l'ho descritto... bene... quello smorfioso... o non s'è egli fatto veder a girare in cappello alla Metternich, s'è tagliato la mosca... guai a te... quel figuro ti vuol far la corte... ch'io lo so...
– Appena lo conosco... bada tu piuttosto di non parlare alla Giggia Rensini.
Salvatore fe' un moto di sorpresa.
– Sí, la va via coi Crociati... l'ultimo biroccino fu preso da lei, che vi segue, – disse piano e sorridendo la Clelia.
– To', cosa ti sogni?... già queste donne, che ci vengono appresso, le mi son antipatiche... ci diventeranno un impiccio alla fine... – disse il giovinetto arieggiando un momento il sussiego di vecchio militare di qualche grande armata in ritiro, – e la Teresa viene o resta?
A cui la tosa:
– No, – proferí alzando gli occhi al cielo, e dimenando il capo, in atto di dolore e di mistero.
– Bene, – riprese Salvatore, – vengano cento donne, io non ho mai voluto bene a due in una volta; un affetto nella vita mi basta.
E la Clelia con vezzo:
– Se non è anche troppo.
Le smanie della Lucia ricominciarono:
– Presto, Clelia... presto, Nina... e lui... se ne vada... ho da mettere l'arrosto allo spiedo.
– E quando scriverai?
– Quando posso... ma tu.
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