Fiorenza rimase sola, e si mise a guardare attorno.
Quantunque le cinque pomeridiane fossero già da un pezzo sonate, durava un gran caldo che, accresciuto, se cosí posso esprimermi, dagli ardori morali, diveniva insopportabile.
Da un lato prospettava quella terrazza l'aperta campagna: campagna arida, pesta, bruciata, come intrisa di sangue: istessamente le zolle delle ortaglie sottoposte, e la strada piena di polvere, nuda, tutta d'un chiaro strillante, rotto da qualche oggetto buttato là per caso; giberne, pezzi di carabine infrante, o qualche rota di cannone rovesciata sul ciglio della via.
Già una campagna, arsa dal sole, ha in sé lo stesso carattere selvaggio della passione, all'ardente mezzodí della vita, la stessa fervida noncuranza, lo stesso languore nella forza, lo stesso abbandono.
V'avea perciò in questo quadro d'estate qualche misterioso legame coi fatti, ch'io vi descrivo. Un'aria ardente, una luce piena, sfogata; un fiero silenzio, rotto dal monotono, ma vibrato ronzio degl'insetti; la solenne, pesante immobilità del cielo, nei fortissimi azzurri del quale, nuvole tutte bianche, a ombre d'un opalino crudo, agglomerate, lungo l'orizzonte, come sacchi a ridosso l'una dell'altra, si slanciavano erette e minacciose, in gigantesche spirali. Dovunque grandezza e desolazione, quasi ogni forma prendesse un significato nel destino di quell'ora funesta.
Di tanto in tanto un cavallo in furia trapassava da lontano, con sulla groppa un soldato... qual divisa?... Fiorenza non osava fissarla; simile a un cavaliero di leggenda, spariva fulmineo, poi ancora silenzio.
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Fiorenza
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