Gl'Italiani, dici tu, senza dubbio in un momento di sfiducia che passa il segno, gl'Italiani son perduti perché li uccide, li scinde il municipalismo; questa è invece la ragione che li farà piú consistenti nel bel legame di loro famiglia; tanto meno si mostrarono docili nel lasciarsi assorbire provincia da provincia, popolo da popolo; tanto è piú grande in essi il sentimento della loro individualità; si sentivano tutti qualche cosa, perciò lottarono... pensa, una volta che aspirano ad unirsi, chi lo impedirà?... nemmeno i giganti!... ma ci vuole del tempo.
Non mi posso trattenere dal rimproverarti anche per ciò che accusi le arti di avere snervata la nostra nazione e resa inetta a costituzioni indipendenti. Dovevi dire che le arti impedirono di avvilirci, di cadere al basso, e di lasciarci del tutto soggiogare dagli stranieri. Furono esse che tennero alto il suo nome, le ricordarono le nobilissime gesta, le memorie del passato. Aroma prezioso, fugarono la putrefazione d'un corpo sepolto sotto le sue Miserie: sull'arco di Paganini, colle note di Bellini e di Donizetti, coi versi d'Ugo, d'Alfieri e di cento altri nobili cigni, fu tenuto in regione sublime il nostro cuore, gli fu impedito di darsi interamente alle brighe, agl'interessi! e come nella musica guerriera di Rossini leggi l'impronta dell'età appena trascorsa, cosí in quella del nostro ultimo tempo, tu senti qualcosa di passionato, di drammatico, che svela veramente il palpito dei nostri cuori. Siamo proprio noi, che con Verdi sospiravamo la patria perduta, e sospese le arpe ai salici, sedemmo a piangere e inebbriarci del nostro dolore.
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