Cento battaglioni invisibili furono creati da quel genio d'Italia, che tu maledici, e sarebbe delitto il non riconoscerlo... tanto piú che questa rivoluzione d'indipendenza non è come le altre... dirò io fatalmente?... dirò felicemente?... ad essa manca il terribile e selvaggio carattere (parlo fino adesso) che fa pronte, decisive le redenzioni di un popolo. È questa, piú che una rivoluzione, una protesta; armata, ma protesta: è piú che il grido selvatico dell'uomo ferito nel cuore, e che pur di ricuperare il proprio suolo si mette in agguato, e si prepara a scagliare il coltello nel petto dell'usurpatore, è la parola tranquilla, ma ferma del capocasa, il quale domanda la libertà de' suoi lari. La è dunque una questione di amor proprio, assai piú che una necessità; è meno fiera, ma rimane un sacro diritto e, nata dall'idea, a quella si appoggia, in quella cresce e si mantiene; da ciò il suo lungo processo. Perdona questo mio breve rimprovero! Delle cose di famiglia ti scriverà Fiorenza, a me non si aspetta di penetrare fra i parlamenti di casa, specialmente in gravità di giorni come quelli in cui siamo. Ti abbraccia il tuo Guido.
Di Alessandro a Guido.
Rileggendo la tua lettera, che pare apparecchiata per la stampa, mi vennero cento idee pel capo... Tollera che di queste io te ne dica una sola: Fiorenza sarebbe forse ammalata? Ecco il dubbio. Ti prego, scioglilo subito... se non è ciò, dimmi tutto... anch'io so sottosegnare... Intanto consegnale l'acchiusa, ch'io scrissi appena mandata via quell'altra, e ch'io spedisco perché tu veda che se m'incurvo nei momenti neri, mi rialzo poi anche presto.
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