Questa seconda la trattenevo qui, non so nemmeno io il perché, ma ora sento il bisogno di mandarla senza indugio.
Di Alessandro a Fiorenza.
(colla stessa data della prima)
Ho rimorso d'averti scritto cosí disperatamente, mia Fiorenza, e penso a mitigare la triste impressione, che certo deve averti prodotto una tal lettera. Perdona! Fu uno scoraggiamento momentaneo; l'anima, usa a nuotare in un'atmosfera di gloria, si trovò tutto ad un punto in abissi d'orrore. Forse io feci male a slanciarmi dapprincipio con tanto entusiasmo... ma dimmi tu, com'è possibile frenarsi?... come si potrà dir al proprio cuore quando batte in furia – no! trattieni il tuo palpito... la gioja da cui sei preso è pazzia!... ciò che credi facile, è difficile: la concordia, che ti apparisce intiera, e salda, e che tieni per eterna, è una illusione... Ah! periscano quegli animi trepidi che vogliono chiudersi alla bella luce del giorno, perché ad essa succederanno le tenebre; piango adesso, ma almeno ho esultato... non è vero, Fiorenza?...
Ti ricordi quei giorni di splendore, succeduti ad un inverno cosí cupo, così tetro?... Oh! l'inverno del quarantotto come lo si passò da noi, sarà memorabile per lungo tempo... un inverno cosí bello, un carnevale cosí funereo... dolcezza di clima, pensieri di sangue; a piè delle siepi, mammole innanzi tempo; sulle labbra parole tremende, propositi di morte. Non teatri, non veglie, non ritrovi, appena di soppiatto qualche giro di valzer, qualche contradanza, ma tutti vestiti di nero.
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Alessandro Fiorenza Fiorenza Fiorenza
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