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      .. si pareva ad un ballo funebre, si ballava a quel modo per non potere scendere in campo e marciare alla guerra, e nelle saccoccie di qualche ballerino, si avrebbe potuto sentire l'urto di un oggetto assai strano e pesante in verità, e come la forma di un revolver! Questo il carnevale. Poi un'ansia, un sentire il bisogno di uno scoppio, un comprendere che il cozzo diveniva inevitabile, un dire, un pensare quella frase omai volgare – siamo alla vigilia di grandi avvenimenti – un comprendere la catastrofe vicina, un vedere il fantasma della rivoluzione passeggiare per le strade deserte, spettro sconosciuto nelle nostre miti contrade... Ma che è?... all'improvviso ecco una bella mattina un grido, un lieto annunzio; si aspettavano morti, rovine, rimbombo di cannoni; al contrario è una dolce novella, è un piangere di consolazione, è un baciarsi, è una coccarda benedetta, che per miracolo si moltiplica in un lampo per centomila, è un inno, "e una voce del ciel per tutto udita, che riscuote i sepolcri e dalla morte desta la vita". Vergognosi del loro mestiere d'aguzzini gli stranieri partono... se ne vanno... Oh! gioja, in loro vece ecco i nostri fratelli da tutte le parti d'Italia, vengono, accorrono... oh! quanti ne passano... accorrete, passate, noi vi moviamo incontro, noi vi attendiamo dalle nostre case: ogni donna sventola un fazzoletto bianco in segno di risurrezione e di pace; appena vi intendiamo, tanto le pronunzie, tanto i dialetti son diversi... ah, fummo cosí a lungo divisi.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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