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      .. non ci riconosciamo piú... cosa importa?... voi portate una croce, è un segno che dice abbastanza; noi vi abbracciamo e salutiamo fratelli; col respiro oppresso, colle guancie pallide per la grande emozione, rauchi la voce, ma col cuore in sussulto vi gridiamo: siete nostri, infelice stirpe come noi, popoli lontani, ma tutti d'una istessa madre, vi diamo il ben venuto... Ed essi ci rispondono e tutto si confonde in un solo grido – o questa volta o mai piú, o questa volta o mai piú... – Che momenti, quanto entusiasmo!... quanta passione! Ma da un punto all'altro cosa è accaduto?... qual vento, scatenato dalle bolgie d'inferno, ha cambiata la scena cosí ridente del nostro amore, e vi ha rimesso al suo posto l'orrendo spettro dell'odio, dell'implacabile, eterno odio, il quale di nuovo agita quel suo lenzuolo mortuario giallo e nero?...
      Fuggo allora... ah! pur troppo solo: fuggo i siti profanati dall'empia bandiera, mi rifugio lontano per riprender lena, per mantenere con altri mille vivo il fuoco sacro fin alla seconda riscossa, e qui trovo un'altra morte, ma non piú per mano del nemico, bensí per quella de' miei... trovo il dissidio, la stanchezza, la mala fede, la pazzia... ah! confessa, ci vuol animi di bronzo per resistere a tanto!... So che molti emigrati tornarono, ripromettendosi di non più parlare di politica!... io sono rimasto e... non ti par molto?
      Però voglio chiudere men tristamente e ti dirò: una nuvola non ispegne il sole, lo ottenebra per poco; la mia fede nell'infallibile destino d'Italia può vacillare, non ispegnersi; io voglio credere, amare, sperare.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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