Ugo ne rise; il caro angiolo, benché ancora tanto bambino, è pieno di coraggio.
Tu mi parli di costui... del quale vedi pure il respingente carattere di belva... ti prego, non me lo nominare... ridi, accusa la mia maniera tutta femminile di sentire... ma lascialo stare... posto che m'è lontano dagli occhi... ah! perché piuttosto non mi nomini... crudele, e sei padre?... ed hai un figliuolo?... gli è pel tuo ostinato silenzio sul conto d'una persona cui in qualunque modo devi amare e rispettare, che ti scrivo così poco... è agevole indovinarlo, come posso mostrar le tue lettere... se non c'è una parola, un saluto per lui?... Perché una lontananza, cotanto amara, inacerbirla? Perché?...
Di Alessandro a Fiorenza.
Cosa facesti?... Qual piaga hai voluto scoprire?... imprudente! non sai, non ti accorgi quale antagonismo, v'è fra padre e figliuolo? Credi ch'io non sappia tutto? So come egli parla, come si conduce, so che non si rifiuta al caso di servire i nostri nemici... lui... mio padre!... il padre d'un figlio che soffre esule, lontano da quanto gli è piú caro: d'un figlio che sofferse persecuzioni, il carcere! E sai cosa vuol dire questo? vuol dire ch'io devo vergognarmi di mio padre... Nientemeno!
Eppure egli stesso m'ha data l'educazione, e, innalzandomi a quelle sfere di intelligenza e di cultura, mi ha fatto capace di provare questo sentimento, grande nel suo dolore, questo amor proprio, questa coscienza di essere italiano. Cosa vorrebbe? perché mai non m'ha scritto, non m'ha confortato d'una parola?
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Alessandro Fiorenza
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