... perché cogli amici, in famiglia, perfino cogli sconosciuti favella sul conto mio cosí amaro, cosí ironico e scaglia detti, come li sa dir lui, che tagliano come il ferro e bruciano come il foco? Ma, Dio Santo! cosa vorrebbe?... ch'io transigessi, ch'io tornassi?... quest'idea mi toglie il respiro, mi opprime la sola possibilità di adattarmivi. Sí, è la stessa mano di gelo, che preme il cuore allorquando prevedesi il momento, nel quale si diverrà indifferenti alla perdita dei piú cari... Tornare!... tornare sulle rovine ancora fumanti del nostro disonore; le campagne sono arse, gli alberi sono segnati dalle palle nemiche: per quelle strade transitano bombe e cannoni diretti ad uccidere la povera Venezia tradita, ed io dovrei tornare?
Qual sarà mai il figliuolo che abbia visto insultare la propria madre, i fratelli e portare la mano sacrilega nel santuario della casa, violarlo col furto, in tutti modi, insanguinarlo col delitto, e che, non ostante, apra le braccia agl'insultatori, ai ladri, ai sicari?... Ammesso pure che il non mescolarsi a costoro paresse orgoglio ridicolo, vana presunzione di decaduti... ma si dovrebbe pur sempre dire – tutto si perda fuori che l'onore. – La sola attitudine a lui permessa sarà quella del dolore superbo, guarderà, cagnesco spettatore, la sua casa splendere per lumi, ornarsi pel ballo: i vincitori sedere nelle sue proprie stanze, ridere, gavazzare sulle rovine cambiate in bordello... Ma andarci anche lui?... ma trovarcisi in mezzo?... ah! non già figliuolo sarebbe, miserabile bastardo pronto a vendere patria, figli.
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Dio Santo Venezia
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