A proposito di che voglio aggiungerti che ebbi molto a stupire d'un'altra cosa, ossia che, voltandomi, scôrsi il papà tutto cambiato in viso, ed esprimente un senso nuovo ch'io interpretai a questo modo. – Ah! perché non ci sono in quel posto d'onore in tal giorno, soldati nostri... soldati italiani? – A tavola gliene detti un cenno, e mi persuasi che non m'ero ingannata. Guido, che provò lo stesso ribrezzo anche lui, si prese a canzonare il babbo, con quella sobria e gentile canzonatura che gli conosci. – Fiorenza vi fa diventare italianissimo, – diss'egli, – se le donne ci si mettono, in breve tempo non si troverà più un dissidente; – certo, – rispose allora mio suocero, – potere mangiarci il nostro pane da noi sarebbe una fortuna; ma se non è possibile s'ha a morir di fame? Un palazzo è meglio d'una casa, ma per la speranza di possedere il palazzo sarebbe follia bruciare la casa... – Allora Guido replicò assai nobilmente, ma il papà vede la cosa dal lato finanziario soltanto, e non bisogna stupirsene perché ognuno ha un sentir suo, e l'uomo d'affari non giudica come il poeta.
Della Teresa che dirti?... ah! permettimi di tacere, di coprire questa piaga della nostra famiglia... Inoltre ci sono cose difficili da scrivere, e sarebbero difficili anco da proferire ad alta voce.
Guido non ti risponde, perché si vergogna che tu sia in corrispondenza con lui, mentre a tuo padre non dirigi una parola, fuori che qualche saluto per incidenza. È una delicatezza sua: questo giovane ha un'anima cosí elevata da non poterlo credere sotto un'apparenza molto placida, e che pare tutta cerimonie.
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