Pagina (202/354)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Io sono come l'anno scorso, come sarò sempre: sempre lo stesso dolore, la stessa ineffabile consolazione: e sempre lo stesso tedio della vita.
      Jeri al passeggio Fiorenza mi fece, nell'incontrare un povero, quest'osservazione profonda: – Dopo quel ch'è nato nei giorni di Giugno in Parigi, – diss'ella, – quando vedo un povero stender la mano a domandar l'elemosina, mi sento subito spinta a dargli quello che chiede. – Il suocero interpretò la cosa a modo suo; da possidente, e da vecchio. – Vi viene a memoria, – rispos'egli, – che c'è chi gl'insegna a venirsi a tôrre quello che non gli si dà. – Fiorenza scosse il capo con un modo tutto grazioso, il modo suo. – No! – replicò ella: – non è questo per l'appunto. Gli è piuttosto che vederlo dopo una rivoluzione, in cui gli insegnarono diritti inapplicabili, ma che ad esso devono piacere, e pei quali si combatté fino in istrada, vederlo contentarsi di stendere la mano... è inutile, mi fa un certo senso di rispetto... e provo come la vergogna di possedere... s'io ben mi spiego.
      Questo acume di sentimento, questo pudore di un'anima ingenua in simile congiuntura, mi commuove altamente.
      Si comincia dunque a riflettere, – questo infelice domanda, stende umile la mano, mentre altri, pari a lui, l'hanno levata omicida, per tôrre senza chiedere? – La pietà delle anime gentili, davanti ai poveri, dopo il Quarantotto, è un fatto nuovo, degno d'alta osservazione.
      Stamattina, passeggiata fuori di città. Com'è bella una campagna d'inverno, in pien gennajo, nuda, brulla!


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





Fiorenza Giugno Parigi Fiorenza Quarantotto