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      – E molte cattiverie, – soggiunsi.
      – S'intende: anch'io scopro in me pensieri, sentimenti...
      – Cattivi?... – domandai sorridendo.
      A cui ella indecisa:
      – Non so nemmen io!
      – So io benissimo, – esclamò allora Clelia; – so che non ho mai pianto tanto come da quando la rivoluzione è scoppiata... e non vedo l'ora che sia tutto finito.
      – Cosa intendete, Clelia, per finito tutto? – le domandai.
      A cui ella:
      – Oh... bella... che sian via i Tedeschi.
      – Ah! vi pare che allora sarà finito tutto!...
      – Oh no?... cosa ci ha da essere ancora? non bastano questi rivoltoloni?...
      – Non solo non bastano, ma ci sarà qualcosa di peggio.
      – Di peggio? – esclamarono le donne con una maraviglia, piena di spavento. – Di peggio?...
      – Oh!... povera Clelia... e quanto peggio! – le risposi scherzando colla catenella di spago che teneva al collo, e a cui appende un medaglioncino con entro i tre colori. – Dopo una Rivoluzione, coi focolari di discordia che restano, colle borse vuote, coi voti mal appagati, e gli entusiasmi caduti... almeno adesso si soffre per un grand'amore e un grande odio... ma quando tocca sentire a dir male di sé stessi!
      – Alessandro mi scrisse appunto cosí, – esclamò Fiorenza. – Ma voi come sapete tutte queste cose?... avete vissuto in un altro secolo?...
      – Può darsi, – risposi sorridendo.
      – Ad ogni modo non è punto bello esser il profeta del malaugurio.
      – Io non sono profeta di malaugurio, sono il medico il quale vi dice: al cessar della febbre subentrerà la prostrazione. – Allora vivamente Fiorenza:
      – Ma non la morte.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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