L'uomo entrò per una porta segreta, che da un orto metteva in una casa.
CAPITOLO IIUN PASSO INDIETRO
Un giorno, poco prima della misteriosa catastrofe, accennata nel biglietto disperato di Fiorenza ad Alessandro, Guido, assunto un contegno piú grave del solito, disse a Fiorenza, ch'egli desiderava parlarle da solo a sola un istante.
Fiorenza, o che stesse a lavorare con la Clelia, o che fosse vicina allo scrittojo del suocero, o nella stanza del piccolo Ugo, mai non era sola. Senz'accorgersi, per un sentimento istintivo di riguardo, avea presa quest'abitudine.
La domanda di Guido non poté non produrle un certo stupore, uno sgomento interno, più forte di quanto la lieve insorgenza lo domandasse. D'altra parte conosceva Guido per un giovane di tal severa assennatezza, di tale prudenza, nel piú insignificante discorso, che andava sicura come ciò ch'ei stava per dirle, si riferisse a innocentissimo argomento. Perciò Fiorenza aspettò Guido in una stanza attigua a quella dove giocava il suo piccolo.
– Ancora che Ugo senta questo segreto ci sarà poco male, m'immagino, – disse prendendo, soavemente, un'aria di celia.
– Veramente Ugo avrebbe ad esser l'ultimo a sentirlo.
– L'ultimo... Ugo... e perché?...
– Non sapete cos'han nome i fanciulli?...
– No.
– I fanciulli si chiamano terribili, ossia dicono ciò che ascoltano. Ora a me preme appunto, che non sia ripetuto quello, che mi prendo la libertà di confidarvi.
Fiorenza tacque, e nel suo bell'occhio limpido, si vide una calma e una piena fiducia.
– Voi, cara Fiorenza, mossa da un sentimento di premura, del quale vi sono gratissimo, pensate a tormi da uno stato, che a voi pare d'isolamento.
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