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      Di qui la confusione e l'orrore.
      Colta da quel male tremendo, la Teresa, immemore di sé, fu portata in casa del conte Lorenzo, pronto a riceverla, anzi esultante, che con quella fuga il Ganimede, secondo lo chiamava, si togliesse, crudelissimo spino, dalla strada di un mal assortito, ma indissolubile, matrimonio; il conte Lorenzo, illudendosi, tenea sola origine dei propri dissapori colla bella consorte, le persecuzioni seduttrici del giovine eroe, da lui odiato come il demonio. Posto che il giovane, col fuggire, cedeva il campo, tanto meglio!... infedele o no, la bella Teresa ritornava al marito, che ciò appunto ei voleva.
      Messa che l'ebbero a letto, si chiamarono medici, le si misero tutti d'attorno fin suo padre... i figli, il marito, la sorella, la cognata... tutto niente. Ella non dava segno di capire: ricusava il cibo, pareva decisa a lasciarsi morire di fame. In tanta desolazione rinnovata, e s'è possibile, peggiorata, il dottor Rizio non resse, ed ammalò improvvisamente, con tali sintomi che si tenne per accidentato, e presso che sulla soglia del sepolcro.
      Fu allora che giunsero quelle laconiche, terribili parole ad Alessandro, il quale senza nemmeno scrivere, senza avvertire, s'era messo subito in viaggio, e tanto presto che nessuno se l'aspettava.
      Fiorenza, in mezzo a tutte quelle catastrofi, avea quasi dimenticata la confidenza di Guido, quando un giorno le fu annunziata la visita delle signore vicine; moglie sorella e figlia del signor Francesco, detto Paron Checco.
      – Cosa mai vogliono a quest'ora e con tanta solennità?... – pensò la sposa d'Alessandro, la quale, scossa da tanti colpi, in ogni cosa fuor dell'ordinario presentiva alcun che di non lieto.


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La rivoluzione in casa
di Luigia Codèmo
pagine 354

   





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