– Falle entrare, – rispose Fiorenza alla Lucietta, poi andò a veder del suocero, che cominciava a levarsi da letto. Il pericolo piú non c'era; pericolo tremendo, giacché la febbre l'avea quasi portato, come dissi, all'altro mondo, e si sentiva ancora male in gambe e la testa sbalordita. La Teresa si trovava sempre all'istesso punto.
Quando Fiorenza tornò dalla camera del suocero, essa si vide davanti le tre visitatrici in gran sussiego e con un certo poffardío, appena simulato da un voler conservare un po' di creanza; poi la signora Giuliana, uscendo, per cosí esprimermi, di fila, si avvicinò a Fiorenza e piantate le mani sulle anche, incominciò:
– Siamo venute a dirle, che noi in casa sua non ci verremo altro, e che tronchiamo da questo punto ogni relazione con lei...
Fiorenza non giungeva a capacitarsi se fosse sveglia o dormisse.
– E... s'è lecito...
– Oh! la ragione non si può mica saperla, – esclamò la signora Celeste, – ma non abbiamo nemmeno bisogno di raccontarla, perché la sa meglio di noi.
– Io?
– Non sono avvezza a dire una cosa per un'altra, – rispose un po' risentita Fiorenza. – In che cosa posso servirle?
– Sí – esclamò la tosa, ch'era la piú interessata, – ella fe' un'azione indegna, e non ha punto trattato da amica, dopo tanti anni di vicinanza.
– Se io non le conoscessi, o signore, – disse placida Fiorenza, – io crederei che elle fossero scappate dall'ospedale, – e non aggiunse dei matti, stimandolo inopportuno.
– Vuol negarmi d'aver fatto perdere uno sposo a mia figlia?
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