– O perché s'è lecito, m'avete detto di tacere le vostre risoluzioni relative al matrimonio, quando ciò poteva torre piú presto le illusioni di questa ragazza, che m'è venuta ad insultare or ora?
– Non volevo che sotto nessun pretesto, per nessun motivo si continuasse a parlare di cose da cui devo essere lontanissimo.
Un altro silenzio successe a tale dichiarazione. Ancora per la prima, Fiorenza lo interruppe, e questa volta ridendo.
– Cosa ci avete da ridere? – domandò Guido con bonarietà..
– Rido perché m'ero benissimo piantata io, in questo negozio di volervi sposare con mia sorella. Per bacco! – esclamò Fiorenza con tenue vivacità, – avete un orrore pel matrimonio!... un orrore!... Cos'è!... si vede un giovane a modo, savio, fatto a posta per metter su famiglia... andate a pensarvi, che non vuol nemmeno sentir discorrere di prender moglie!
Guido rispose sorridendo, e come per celia:
– Fiorenza, voi stessa osservaste, onorandomi di una qualificazione non so se giusta: i pensatori difficilmente si maritano, – poi tacque.
La porta della camera contigua a quella del suocero era socchiusa; non per tanto a voce bassa, scorso un intervallo di silenzio, rispose:
– E poi badate, cara Fiorenza, voi non foste attenta alle mie parole.
– No!... non è cosí che vi siete espresso?
– Precisamente no.
– Allora poi non saprei... già ho la mente cosí ingombra, cosí scossa... che potrei non intender bene.
– Oh! no per inteso... l'essenza della cosa... l'interpretaste come va.
– Dunque?... vi par tempo da enimmi?
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Fiorenza Guido Fiorenza Fiorenza
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