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– L'ho anch'io questa speranza... ah! non posso proferirla questa parola, ché gli è un tale rischio, da tremare ch'ei torni.
E Guido:
– In ogni modo avrebbe avvisato; appunto perch'è, un rischio... per non approdare alla prigione.
– Mio Dio!... non ci mancherebbe altro.
– C'è stato ancora, mi pare.
– Sicuro, prima della rivoluzione, e si tremava lo mandassero in fortezza, ma intanto venne il ventidue Marzo...
– I galantuomini, dove sono stati possono tornare... coraggio in quel caso!
– Oh! ma adesso non ne ho piú coraggio!
– Come?... bisogna averne piú di prima.
– No! – disse con una risolutezza, che contrastava colla sua dolce fisonomia, la sposa di Alessandro, – è tutto cambiato... non c'è piú unione... m'intendo io... prima i mali erano terribili, è vero, ma nel core s'avea piú fede, più entusiasmo... ah!... confesso la verità, non è cosí che m'immaginai di vivere in famiglia.
Qui tacque, stupita essa stessa d'accorgersi di questo cambiamento, di questa stanchezza nel dolore: stupita, ancor piú d'averla espressa con tanto abbandono.
Guido non rispose: taciturno per natura, egli stava lunghi tratti senza parlare. Fiorenza volendo dare un altro avviamento al discorso, esclamò:
– Del resto io quel non potere non lo intendo.
E Guido:
– Mi spiace assai, perché non sono in caso di spiegarvi...
– Oh! – disse Fiorenza, con una contrazione di volto ch'esprimeva un riso soave ed una leggerissima impazienza, – sempre i misteri: non me ne darete mai la spiegazione? M'è stato detto che siete un po' romantico.
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